Una sorta di strano limbo sta connotando questa fase geopolitica mediorientale e nordafricana; dove gli apparati di potere cresciuti all’ombra dei satrapi deposti, e sopravvissuti ad essi, o ancora presenti in quegli Stati in cui le proteste hanno dato l’avvio ad una serie di timide riforme politiche, che di fatto non intaccano che l’immagine superficiale dei singoli sistemi oligarchici, restano il vero centro nevralgico decisionale, svincolati (come da tradizione) da ogni sedicente controllo popolare, improntati alla garanzia dello status quo, tendenzialmente determinati ad autoricambiarsi.
Quando poi gli interessi dei consolidati gruppi locali al potere, che siano tribali, dinastici o militari poco importa, si saldano con quelli dei grandi players globali, come Cina, Russia o Stati Uniti, ecco che la sedicente “Primavera araba” si tramuta in una farsa, come nel caso della rivolta nel piccolo sultanato del Bahrein, dove la maggioranza della popolazione d’orientamento islamico/sciita era intenzionata a sfruttare il clamore mediatico delle altre rivolte macro regionali, per poter così giubilare la casa regnate islamico/sunnita. (continua a leggere…)